
Stephen Hawking aveva ragione, la sua “previsione” sui buchi neri si è avverata
Dopo decenni, il teorema dell’area dei buchi neri formulato da Stephen Hawking è stato confermato: cosa sappiamo di questo evento epocale.
Pubblicato: 14 Settembre 2025
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Nicoletta Fersini
Giornalista e Content Editor
ANSA
Il cuore dell’eredità di Stephen Hawking risiede nelle sue scoperte sulla gravità, sui buchi neri e nella sua più profonda intuizione, formulata mezzo secolo fa, che ha recentemente ricevuto una conferma sperimentale di importanza epocale. Merito della rete internazionale LIGO–Virgo–KAGRA (LVK), che ha dato conferma sperimentale del teorema dell’area dei buchi neri formulato nel 1971.
Il teorema dell’area dei buchi neri di Stephen Hawking
Nel 1971 Stephen Hawking propose un principio fondamentale: l’area della superficie dell’orizzonte degli eventi di un buco nero non può mai diminuire. Questo concetto, noto come “seconda legge della meccanica dei buchi neri“, affermava che in qualsiasi processo fisico – come la collisione tra due buchi neri – l’area totale del buco nero finale deve essere maggiore o uguale alla somma delle aree dei buchi neri originali.
Un’analogia con la seconda legge della termodinamica, secondo cui l’entropia (una misura del disordine) tende sempre ad aumentare. Hawking allora intuì che l’area di un buco nero si comportasse come la sua entropia, un legame rivoluzionario che univa la Relatività Generale di Einstein con la termodinamica. Un importante passo verso una teoria unificata della gravità quantistica.
LIGO, Virgo e KAGRA confermano il teorema di Hawking
Per decenni questo teorema è rimasto una previsione teorica. Ma ecco il colpo di scena: adesso abbiamo la prova diretta.
Il 14 gennaio 2025 l’osservatorio LIGO ha registrato le onde gravitazionali prodotte dalla collisione e fusione di due buchi neri. Le onde gravitazionali sono increspature dello spaziotempo, un tessuto quadridimensionale che viene deformato da grandi masse in accelerazione. Rilevatori come LIGO, Virgo e KAGRA hanno agito come “orecchie” giganti, captando il “ronzio” di questo evento cosmico.
Il segnale registrato quel fatidico giorno, noto come GW250114, era tre volte più chiaro della prima rilevazione avvenuta dieci anni prima, nel 2015, perciò ha consentito agli scienziati di calcolare con precisione l’area dei buchi neri coinvolti. Il risultato è stato inequivocabile: l’area totale del buco nero finale era maggiore della somma delle aree dei due buchi neri originali. Questa prova schiacciante ha confermato che il principio di Hawking, formulato 50 anni prima, era corretto.
“Questo è un momento straordinario per la ricerca sulle onde gravitazionali: grazie a strumenti come Virgo, LIGO e KAGRA possiamo esplorare un Universo oscuro che prima era completamente inaccessibile”, ha dichiarato Massimo Carpinelli, professore dell’Università di Milano-Bicocca, ricercatore dell’INFN e direttore dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo di Cascina. E ancora: “I risultati scientifici di questi dieci anni stanno innescando una vera rivoluzione nella nostra visione dell’Universo. Stiamo già preparando una nuova generazione di rivelatori, come l’Einstein Telescope in Europa e il Cosmic Explorer negli Stati Uniti, oltre all’interferometro spaziale LISA, che ci porterà ancora più lontano nello spazio e indietro nel tempo. Nei prossimi anni saremo certamente in grado di affrontare queste sfide straordinarie, grazie a una cooperazione sempre più ampia e solida tra scienziati, Paesi e istituzioni, sia a livello europeo che globale”.
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